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Isolamento, esperienza e consumo

Isolamento, esperienza e consumo

Nella condizione di isolamento in cui stiamo vivendo tutto è cambiato troppo velocemente. Gli spot pubblicitari in TV ad esempio, dopo soli pochi giorni, appaiono totalmente scollegati rispetto a ciò che viviamo. Raccontano infatti di gente che si incontra, che sta insieme e che si muove liberamente, mentre le nostre città e piccoli paesi sono invasi da silenzio, desolazione e vuoto. Non sentiamo più il minimo bisogno dei prodotti che vediamo durante la pausa pubblicitaria.

La nostra esperienza di consumo nei luoghi fisici, quella che ci coinvolgeva attraverso l’attivazione dei sensi e delle emozioni, si è completamente volatilizzata. "Esperienza e consumo sembrano non coincidere più, non sono più la stessa cosa", sottolinea lo storico d’arte Christian Caliandro, su ArtTribune. Oppure piuttosto, le esperienze si sono ridimensionate e trasferite all’interno delle mura domestiche, per essere vissute comunque, anche se in modo diverso: attività sportive guidate da App, ristorazione con i servizi di delivery, aperitivi virtuali con gli amici, visita digitale di musei o concerti improvvisati in live-streaming, senza dimenticare il ruolo fondamentale di Internet e degli strumenti tecnologici nel rendere possibili le nostre attività lavorative e didattiche.

La giornalista e critica d’arte Adriana Polveroni su Exibart mette in evidenza come la tecnologia rappresenti oggi l’unica vera opportunità di contatto che ci è rimasta, insostituibile nel ridurre il gap di distanza affettiva che tutti stiamo vivendo: "Finalmente ci ritelefoniamo. Sentiamo le voci degli amici ammutolite da tempo dai messaggi scritti, ci ritroviamo in video chat con i famigliari, partecipiamo a un flashmob sui balconi. Se oggi non avessimo la tanto vituperata tecnologia saremmo soli sul serio."

L’intensificarsi dell’acquisto di prodotti e della fruizione di servizi on-line ci ha catapultato in un periodo di digitalizzazione forzata al termine del quale le nostre abitudini, non solo di acquisto, ne usciranno sicuramente trasformate.

Ma torniamo ad indossare i nostri panni di consumatori e osservatori per capire meglio come si stanno muovendo le aziende. Sicuramente si adeguano con responsabilità alle disposizioni governative e si prodigano in donazioni e iniziative sociali. Alcune hanno addirittura convertito interi reparti per produrre mascherine o gel disinfettante. "Il marketing diventerà societing, seguendo le regole sociali", sostiene il sociologo Francesco Morace in un’intervista a ItaliaOggi.

Dal punto di vista della comunicazione i marchi si mettono in ascolto e ripensano a come restare in contatto con i propri clienti, intercettandoli on-line, dove trascorrono la maggior parte del loro tempo. E la sfida diviene quella di riuscire a mantenere una relazione empatica, autentica e continuativa attraverso i canali digitali e i siti di e-commerce. Ciò significa adattarsi e ripensare completamente a come interagire con i consumatori. Forse è proprio il momento di mettere in discussione tutto, costruire nuove proposte di valore, rimanendo flessibili e liquidi.

In Cina gli spazi retail stanno riaprendo progressivamente e le persone stanno tornando al normale più velocemente di quanto si potesse prevedere. La nostra "quarantena di consumo” nel frattempo continua e fa sorgere numerose domande sul futuro del retail. Potrebbe essere un’opportunità per riflettere sull’evoluzione e il ruolo dei negozi fisici quando la vita tornerà lentamente alla normalità e quando tra offline e online non ci sarà più molta distinzione.


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